Quello che c’è da sapere sulla successione ereditaria

Cosa c’è da sapere sulla successione ereditaria? In questo articolo gli avvocati rispondono ai dubbi.

Con la morte della persona si estingue la sua capacità giuridica e si pone quindi il problema della sorte dei diritti, degli obblighi e, più in generale, delle situazioni giuridiche che ad essa facevano capo. In questo articolo:

  1. Le successioni
  2. La successione testamentaria
  3. La successione legittima
  4. La successione necessaria
  5. Cosa fare in caso di eredi in disaccordo

Le successioni

Mentre con la morte si estinguono le situazioni giuridiche “personalissime” (ad esempio il diritto al nome, all’onore, alla libertà, che potranno casomai essere tutelate dai congiunti in quanto tali e non in quanto eredi), così come anche alcune situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale (ad esempio il diritto di usufrutto, abitazione e uso, oppure l’obbligo di prestare alimenti) – l’ordinamento, in linea generale, prevede la successione nei diritti e negli obblighi a contenuto patrimoniale.

La successione per causa di morte, dunque, può definirsi come il “passaggio” di beni, diritti e obblighi da una persona defunta (spesso indicata come “de cuius”) agli aventi diritto alla successione medesima (eredi e legatari) e si definisce “asse ereditario” il complesso dei beni e dei diritti che ne costituiscono oggetto.

L’apertura della successione coincide con la morte e quindi avviene nel momento e nel luogo in cui essa si verifica. Fra l’altro, il luogo del decesso assume rilievo anche ai fini dell’individuazione del giudice competente per le cause ereditarie, poiché la competenza a decidere su di esse spetta al giudice del luogo in cui, appunto, la successione si è aperta.

Il codice civile prevede e disciplina due diversi “tipi” di successione, quella testamentaria e quella legittima, cui si affianca quella che viene definita successione necessaria (che però, come diremo, non costituisce un “tipo” a parte di successione”).

La successione testamentaria

Si ha successione testamentaria quando il defunto ha disposto con un valido testamento a chi devono essere attribuiti (“devoluti”) i suoi beni dopo la morte.

L’art. 587 del codice civile definisce infatti il testamento come l’atto con il quale si dispone in tutto od in parte delle proprie sostanze per il tempo in cui si è cessato di vivere. È l’unico atto mortis causa previsto nel nostro ordinamento ed è quindi destinato a produrre i suoi effetti soltanto dopo il verificarsi del decesso del testatore (così viene comunemente denominato chi dispone un testamento).

La medesima norma indica le caratteristiche essenziali del testamento:

  • la revocabilità, ossia la possibilità per il testatore di modificare o revocare le sue decisioni fino al momento della morte;
  • la personalità, non ammettendosi la possibilità di rappresentanza;
  • l’unipersonalità, poiché solo il testatore può esprimere le sue ultime volontà con il testamento;
  • l’unilateralità, ossia la qualità di atto che prescinde dalla volontà altrui;
  • la solennità, ossia la necessità che il testamento sia posto in essere con le forme tassative e predeterminate previste dalla legge;

la qualità di atto non recettizio, perché i suoi effetti si producono per la semplice manifestazione di volontà, senza necessità che esso giunga a conoscenza di terzi.

La successione legittima

Si ha invece successione legittima quando la persona defunta non ha lasciato testamento, quando il suo testamento sia dichiarato invalido oppure quando il testatore abbia istituito eredi solo per una quota dei suoi beni (in tale ultimo caso, infatti, si aprirà la successione legittima sul residuo).

In questo caso, è il codice civile a individuare le categorie degli aventi diritto all’eredità (si tratta, in prima approssimazione, del coniuge, dei figli, dei parenti fino al sesto grado e, in mancanza di tutti essi, dello Stato) e le regole per l’attribuzione agli stessi della medesima.

La successione necessaria

Diversa dalla successione legittima è quella che comunemente, e non del tutto propriamente, viene chiamata “successione dei legittimari” e andrebbe invece meglio definita, anche per evitare confusioni terminologiche, come “successione necessaria”.

Cosa significa nel concreto questo termine?

Tale espressione sta a indicare che, nel nostro ordinamento, non è possibile “diseredare” alcune categorie di successibili (coniuge; figli, o nipoti se mancano i figli; genitori, o nonni se mancano i genitori), che devono necessariamente ricevere una quota dei beni del defunto.

La parte di beni della quale il defunto non può disporre liberamente perché riservata agli eredi necessari viene indicata come “quota indisponibile” o “quota di riserva” e di essa deve tenere conto chi intenda redigere un testamento per evitare che, dopo la sua morte, gli eredi necessari possano avviare iniziative giudiziarie finalizzate a recuperare la quota loro riservata.

Anche per questo motivo, nella redazione del testamento, è opportuno in taluni casi richiedere il parere di un professionista.

Cosa fare in caso di eredi in disaccordo?

I motivi di disaccordo tra eredi possono essere molteplici, con una casistica talmente vasta da rendere persino impossibile un’elencazione davvero esemplificativa.

Solo per citare tre fra le maggiori cause di contenzioso è ad esempio possibile che sorgano dubbi sulla “autenticità” di un testamento, oppure che il defunto abbia leso i diritti dei legittimari (genitori, coniuge, figli, nipoti) disponendo in vita (con donazioni) o per testamento in modo da ledere la quota loro riservata per legge o addirittura da privarli di qualunque quota dei suoi beni, oppure infine che gli eredi si trovino in disaccordo in merito alle quote rispettivamente spettanti o alla formazione delle porzioni.

In tutti questi casi, naturalmente, è possibile un tentativo di accordo, e poi, se questa via risulti impraticabile, rivolgersi al Giudice; in entrambi i casi con tanta maggior possibilità di successo se assistiti da professionisti competenti e autorevoli.

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