L’amore si è esaurito e, con esso, il desiderio di proseguire nel rapporto. I coniugi decidono di separarsi per poi, magari, divorziare e all’improvviso si trovano a dover ragionare su come poter riorganizzare la vita propria e quella dei figli. Talvolta riescono a farlo in armonia e serenità finendo con l’assumere soluzioni condivise, tal altra no. In quest’ultimo caso inizieranno a litigare finendo, fatalmente, per trascinare i loro dissapori dinanzi al Tribunale. E i figli?
Per i figli si porrà un iniziale duplice problema: il loro collocamento e il loro affido. Si tratta, all’evidenza, di due istituti diversi. Il primo chiamato a risolvere un’esigenza – diciamo così – logistica, l’altro di responsabilità genitoriale.
In sostanza, la prima cosa che dovrà essere decisa è con chi andranno a stare stabilmente (collocamento) e chi sarà chiamato ad esercitare su di loro la responsabilità genitoriale (affido) per tale intendendosi il potere di decidere tutte le questioni relative al mantenimento, all’educazione e all’istruzione.
Inutile dire che per i i figli maggiorenni (ancorché economicamente non autosufficienti) problemi di tale natura non sorgono avendo gli stessi autonoma e piena capacità decisionale anche relativamente al luogo dove andare a vivere.
Con la separazione, dunque, il giudice sarà fra le altre cose chiamato a decidere a quale dei due genitori verranno affidati i figli minori (sempre che ve ne siano ovviamente). Nella normalità dei casi (la maggior parte) la scelta cadrà sull’affidamento condiviso nel senso che ad entrambi i genitori sarà riservata la cura, l’educazione, l’istruzione e il mantenimento dei figli. Essi assumeranno di concerto le decisione più importanti nell’interesse dei figli (es: scuola da far frequentare, sport da far praticare, vacanze, ciclomotore ecc) salvo, in caso di contrasto, rivolgersi al giudice. Le questioni di ordinaria amministrazione, viceversa, potranno anche essere decise dai genitori separatamente così sostanziandosi il cd principio della bigenitorialità.
Se, disposto l’affidamento condiviso, uno dei genitori si rivela totalmente inadeguato al suo ruolo ovvero se tale inadeguatezza si appalesi da subito, il giudice può optare per l’affidamento esclusivo.
Ciò avverrà ogni volta che l’affidamento condiviso si riveli oggettivamente dannoso per il figlio, ovvero su uno dei genitori risulti non essere palesemente in grado di occuparsene o, ancora, nel caso in cui il figlio non voglia assolutamente avere rapporti con uno dei genitori.
La giurisprudenza, nel tempo, ha individuato ipotesi tipo, quali, ad esempio: la violenza esercitata sui figli o sulla moglie (in presenza dei figli); l’oggettiva anaffettività di un genitore verso il figlio (disinteresse, mancato mantenimento, irreperibilità); tossicodipendenza o alcolismo di gravità tale da indurre nel genitore interessato un perdurante stato di incapacità a comprendere il significato delle proprie azioni; disagi mentali e/o disturbi della personalità del genitore; arresto del genitore per reati molto gravi;
Come detto, l’inadeguatezza da parte di uno dei due coniugi può sussistere al momento dell’inizio del contenzioso come emergere in un secondo momento. Nel primo caso l’altro coniuge chiederà l’affidamento esclusivo da subito, nel secondo con istanza successiva. Le ragioni della richiesta andranno non solo motivate, ma rigorosamente provate. Il giudice, ove ritenuto, potrà anche incaricare i servizi sociali di redigere una relazione per valutare se vi siano i presupposti per il richiesto affidamento esclusivo del minore.
Una volta ottenuto il provvedimento di affidamento esclusivo la responsabilità genitoriale sarà esercitata prevalentemente dal genitore affidatario nel senso che comunque all’altro coniuge spetterà il diritto di opinione in merito alle decisioni più importanti. Le scelte di ordinaria amministrazione (vale a dire quelle meno importanti che riguardano il quotidiano) competeranno viceversa al solo genitore affidatario.
Rimane fermo il diritto di visita da parte del genitore non affidatario salvo che motivi di opportunità o sicurezza per il minore non inducano il giudice a decisione contraria piuttosto che ad una disciplina rigorosa del diritto medesimo.
Ad esempio il giudice potrà imporre una riduzione del tempo di visita piuttosto che decidere che gli incontri con il minore avvengano in contesti ben determinati (ad esempio alla sola presenza dei nonni piuttosto che dell’assistente sociale)
È preclusa ai coniugi la possibilità di stipulare un accordo di affidamento esclusivo a favore di uno solo di essi.