Cosa posso fare se penso che un testamento olografo sia stato redatto da persona affetta da un vizio totale o parziale di mente? Posso chiederne l’annullamento?
Il testamento è lo strumento concreto che ciascuno, in previsione della propria morte, ha a disposizione per trasmettere ad altri i propri averi. Il testamento può essere redatto dal notaio (in questo caso di parla di testamento pubblico), redatto dal testatore e custodito dal notaio (testamento segreto) oppure può essere redatto dal testatore di proprio pugno (testamento olografo).
Quest’ultima forma (testamento olografo) è certamente quella statisticamente più frequente, sia per la sua semplicità e immediatezza sia perché evita la curiosità altrui, potendo il testatore redigere l’atto da solo e nella più completa riservatezza.
Il testamento olografo, per essere valido, deve essere scritto per intero dal testatore e da questi datato e sottoscritto, a pena di nullità, come prescrivono gli articoli 602 e 606 del codice civile.
Al momento della morte del testatore, il testamento olografo deve essere consegnato, da chiunque lo rinvenga o ne sia in possesso, ad un notaio, affinché questi lo pubblichi (ossia convochi innanzi a sé coloro che hanno interesse al contenuto dell’atto (spesso di tratta dei parenti del defunto) affinché prendano notizia del suo contenuto.
Affinché, però, il testamento olografo sia valido è necessario – oltre al rispetto delle forme previste dall’art. 602 codice civile – che la volontà in esso espressa provenga da una persona che, al momento della sua redazione, era pienamente capace di comprendere e volere il significato e la portata delle sue disposizioni, ossia da una persona dotata di piena capacità di intendere o di volere. Il che significa che un testamento redatto da soggetto incapace di intendere o di volere, ancorché formalmente perfetto (scritto interamente dal testatore e dallo stesso datato e firmato), non è un testamento valido.
A questo proposito, l’art. 591 del codice civile dispone che “Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono stati dichiarati incapaci dalla legge”, precisando poi che “Sono incapaci di testare: 1) coloro che non hanno compiuto la maggiore età; 2) gli interdetti per infermità di mente; 3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere o di volere nel momento in cui fecero testamento».
In pratica, quindi, non possono fare testamento (sono cioè incapaci di testare) coloro che – al momento della redazione del testamento stesso – non abbiano compiuto diciotto anni, siano stati interdetti (in questo caso si fa riferimento al giorno della pubblicazione della sentenza di interdizione) e le persone che, pur non essendo state dichiarate interdette, si trovino in una condizione di incapacità di intendere e di volere. In tutte tale ipotesi il testamento potrà essere impugnato da chiunque vi abbia interesse (ossia da coloro che, in assenza del testamento, sarebbero chiamati all’eredità).
Possono invece fare testamento gli inabilitati e le persone sottoposte ad amministrazione di sostegno (a meno che ciò non sia escluso esplicitamente nel provvedimento di apertura di tale amministrazione).
Ma chi sono le persone che, pur non essendo interdette, sono incapaci di intendere o di volere (al momento della confezione dell’atto)?
Incapace di intendere è colui che non è in grado di comprendere il valore e il significato delle sue azioni. Incapace di volere è chi non è in condizione di formarsi una propria liberà volontà e determinazione.
Per essere capaci di fare testamento è necessaria la contemporanea presenza di entrambi i profili di capacità (di intendere e di volere), il che è comprensibile se si considera che il testamento è uno strumento fondamentale per la trasmissione della ricchezza e richiede dunque totale lucidità da parte del suo autore.
Ma che succede se una persona dotata di capacità di intendere e di volere la perda per una ragione transitorie (si pensi ad un grave incidente stradale, una malattia temporanea, un grave shock) e poi la acquisti nuovamente?
In coerenza con quanto abbiamo detto sopra, anche il testamento redatto durante il periodo (transitorio) di incapacità sarà annullabile.
E che succede invece nel caso di vizio parziale di mente?
In questo caso, nel silenzio del codice civile, le norme di riferimento sono rappresentate dagli art. 88 e 89 del codice penale, per i quali il vizio totale di mente è quello che esclude totalmente la capacità di intendere o di volere, mentre il vizio parziale di mente è quello che, pur senza escludere integralmente la capacità del soggetto che ne è affetto, è tuttavia, in grado di scemarla grandemente.
Secondo questo parametro di origine penalistica, quindi, è affetto da vizio parziale di mente colui che, al momento della redazione del testamento, non riesce a rendersi esattamente conto di quello che sta facendo, non avendo piena padronanza delle proprie facoltà mentali. Dovrà trattarsi, in altre parole, di una patologia o comunque di una situazione clinicamente accertabile (eventualmente anche auto-procuratasi dal testatore) che comprometta in modo rilevante la capacità dello stesso. Pensiamo ad esempio a un testamento redatto in stato di ubriachezza, di tossicodipendeza o astinenza, in un momento di delirio, e simili.
Sotto il profilo più strettamente operativo, il testamento redatto da un incapace potrà essere impugnato da chiunque vi abbia interesse dinanzi al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (cioè del luogo dove è avvenuto il decesso), nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie. E dovranno necessariamente essere coinvolti nel giudizio tutti i soggetti che possano subire un danno dal testamento impugnato e tutti i beneficiari delle disposizioni (sia a titolo di erede che a titolo di legatario) contenute nel testamento.