La separazione non necessariamente deve essere formalizzata dinanzi al giudice o, come consentito da qualche anno a questa parte, a seguito di procedura di negoziazione assistita ben potendo, la stessa, essere semplicemente “di fatto”.
Saremo in presenza di una mera separazione di fatto ogni volta che uno dei coniugi si allontani, di sua iniziativa, dall’altro, ovvero se la scelta sia condivisa fra i due.
Certo è che affinché la separazione possa dar luogo allo status di coniuge separato, occorre che alla stessa si pervenga attraverso pronuncia giudiziale o consensuale omologata o attraverso la procedura di negoziazione assistita.
Si tenga ben presente che l’allontanamento senza giusta causa del coniuge dalla residenza familiare assume rilievo e produce l’effetto di sospendere nei suoi confronti il diritto all’assistenza morale e materiale (art. 146 c.c.).
L’accordo consensuale tra i coniugi di vivere separati di fatto non è illecito quanto piuttosto irrilevante; e ciò nel senso che esso non è in grado di produrre gli effetti propri della separazione legale stante il fatto che i diritti e gli status che attengono ai rapporti familiari sono indisponibili ed in quanto tali sottratti all’autonomia negoziale.
Ne deriva che detto accordo non produce effetto né fra le parti e neppure, e a maggior ragione nei confronti di terzi.
Sotto il profilo economico, l’allontanarsi l’un coniuge dall’altro non incide sulla situazione patrimoniale e gli stessi, sul piano formale, continuano a far parte dello stesso nucleo familiare.
Ancora, la separazione di fatto non produce l’effetto di sospendere l’osservanza degli obblighi coniugali, tanto che il dovere di fedeltà e di mantenimento rimangono pressoché immutati. Anche gli obblighi nei confronti della prole rimangono immutati e in capo ai genitori permane l’obbligo giuridico, oltre che morale, di contribuire al mantenimento dei figli.
